Solide unioni

A lastre, in lamiere o a pannelli metallici, la corretta realizzazione di una copertura deve prevedere una accurata scelta del sistema di fissaggio più idoneo alla tipologia e materiale del manufatto o componente da posare in opera. Da compiere con un occhio all’affidabilità delle caratteristiche costruttive, e uno alla durata nel tempo.
Componenti invisibili, e a volte per questo erroneamente sottovalutati, i sistemi di fissaggio rivestono in realtà un’importanza determinante onde non vanificare con scarsa efficacia o posa imperfetta le notevoli qualità possedute all’origine dai pannelli o dalle lastre adottate in copertura: motivo per il quale, nell’individuazione delle migliori risorse adottabili allo scopo, sono stati elaborati nel tempo dei sistemi completi per le necessità di vincolo di ogni prodotto in ogni situazione. Nel fissaggio, al contrario dei manufatti di lattoneria, come scossaline coprimuro o sui fianchi delle linee di falda, i materiali e i criteri di posa sono più soggettivi e molto risentono delle individuali esperienze e preferenze dell’operatore.

Non semplici viti
Un buon fissaggio deve principalmente mirare ad essere resistente e ben connesso alla struttura di supporto; ad essere facilmente individuabile al di sopra, dove il suo inserimento sull’elemento di tenuta non deve consentire infiltrazioni all’acqua piovana; deve essere compatibile con gli elementi strutturali di supporto e con quelli posati in copertura; deve poter essere maneggiato e impiegato dal personale addetto con facilità e familiarità. Per i fissaggi, si tratta in genere di ricorrere a veri e propri sistemi ad hoc per ogni tipo di pannello o lastra da posare, proprio perché le caratteristiche geometriche e compositive di questi ultimi sono estremamente differenziate. Nei sistemi di fissaggio dovrebbe essere dichiarata e garantita la resistenza meccanica, la resistenza all’ancoraggio, lo sforzo allo sfilamento, il valore di sbottonamento, la protezione contro la corrosione: abbiamo usato il condizionale perché sistemi standardizzati e garantiti all’origine non difettano di certificazioni, ma nell’esecuzione dei lavori potrebbero essere adottati vari sistemi di fissaggio concordemente individuati con la Direzione Lavori, per i quali più difficile è ottenere queste indicazioni.
Per l’unione di due lembi di metallo sottile o per rendere solidali a manufatti di lastra, accessori o rinforzi, e per collegare gli elementi di tenuta della copertura alla sottostante orditura, si ricorre a viti autofilettanti o autoperforanti, senza cioè la necessità di creare un preforo di inserimento. Bastano due fori uguali, sovrapposti, eseguiti a trapano e con diametro proporzionato a quello della vite da usare, per ancorare saldamente giunti e manufatti: ma la vera utilità di questi prodotti risiede proprio nella loro capacità di crearsi autonomamente all’interno dei manufatti una sede permanente e sicura di vincolo. Ogni supporto richiede un certo tipo di filetto: alcuni prodotti vantano addirittura un trattamento di lubrificazione per ridurre il coefficiente di attrito nel corso dell’avvitatura. Trattamenti galvanici anticorrosivi sono ovviamente sempre presenti. Le viti sono prodotte con acciai ad elevato contenuto di carbonio e sottoposte a trattamenti termici adeguati, in modo da offrire la durezza necessaria per la funzione di autoperforazione. Ideale, ai fini della resistenza alla corrosione nel corso degli anni, è l’adozione di viti in acciaio inox, la cui resistenza alle forze di torsione e perforazione risulta però compromessa: ecco perché alcuni fabbricanti propongono viti a doppia natura, con la punta da infiggere nel supporto del primo tipo e testa esposta alle intemperie in acciaio inox. La presenza di una guarnizione in EPDM al di sotto della testa è ormai una costante, e ciò evita il percolamento nella parte inferiore dell’eventuale acqua piovana che investe il fissaggio ed inoltre, grazie anche alla sagomatura del gambo nella zona extra-filetto o ad una filettatura supplementare al di sotto della testa, ostacola e previene l’eventuale effetto di imbutitura che un serraggio troppo vigoroso tenderebbe a creare sulla sottile lamiera metallica. A seconda dei diversi tipi di manufatti posati in copertura, le cui specifiche necessità di fissaggio sono in generale indicate dal fabbricante, distinguiamo:
● per lastre piane e nastri metallici, nei giunti a tassello con listone legno, o profilato metallico con idonea compatibilità fisico-chimica, il fissaggio del cappellotto coprigiunto al listone deve essere realizzato tramite viti munite di rosetta portaguarnizione o protette da cappellotti copritesta saldata;
● per lastre profilate (grecate, nervate, ondulate), il fissaggio è realizzato mediante viti autofilettanti o autoperforanti la cui sagomatura del gambo dipende dal tipo del supporto presente e dalla sua forma geometrica; data la geometria dei manufatti, le viti devono sempre essere inserite nella parte alta della greca o dell’onda, in modo che la vite penetri in maniera ortogonale e piena nell’anima del supporto;
● lastre profilate sandwich, il fissaggio alla struttura di supporto deve essere eseguito su ogni greca utilizzando viti con cappellotto di lamiera e guarnizione che riprenda la sagoma della lamiera stessa e anche il suo colore; tutte le tecniche di assemblaggio dovranno assecondare il naturale movimento degli elementi di sistema (dilatazioni, sollecitazioni meccaniche, ecc.).

Tasselli di qualità
Al di fuori di un rigoroso schema di posa adottato sulla falda per i manufatti metallici, il lattoniere è chiamato sempre a provvedere a propria cura al fissaggio di una serie di manufatti in lamiera dalla geometria variabile e indispensabili per completare le zone di perimetro e discontinuità di ogni copertura. Con l’usuale richiamo all’attenzione da porre nei materiali che si va trattando - rame, acciaio di vario tipo, alluminio, zinco al titanio, e così via - e quindi alla loro reciproca compatibilità, per le proprie esigenze il lattoniere solitamente ricorre a saldature a stagno o inserimenti di rivetti per il collegamento tra loro di manufatti di rame; adozione di tasselli a muro per il collegamento dei manufatti medesimi alle strutture circostanti. Il silicone, poi, non manca mai per la protezione e spalmatura finale a ricoprire le giunzioni.
La rivettatura è un’operazione estremamente rapida, semplice ed economica, e ha il pregio di essere eseguita da una sola parte delle due superfici da unire. Una volta realizzati i fori sulle due superfici da congiungere, il rivetto viene introdotto da una delle due parti, e lo stelo del chiodo, afferrato dalla rivettatrice manuale, viene tirato in modo che la testa del chiodo sia obbligata a schiacciare il rivetto, il quale si deforma allargandosi e bloccando fortemente le due lastre.
Con l’apertura della rivettatrice, il gambo del chiodo spezzato viene espulso. Il mercato fornisce rivetti nei diametri da 2,5 mm a 5 mm: i più utilizzati in lattone ria sono quelli da 3 e 3,5 mm, con lunghezza minima di 5 mm e massima di 20 mm, a seconda degli spessori da unire. Quelli adoperati per il rame sono ovviamente di rame, e possono avere il gambo in ottone o in ferro. Le scossaline o le copertine vengono in genere fissate con dei tasselli murali di idoneo diametro, il cui foro deve essere in genere di un paio di millimetri dallo stelo della vite di fissaggio, per consentire una certa dilatazione all’elemento: la testa della vite viene poi protetta, e abbellita, da cappellotti stampati della stessa natura della lamiera adottata, brasati e incollati o sigillati a loro volta con il silicone. I profili verticali di adesione del manufatto alle superfici sporgenti della costruzione vengono poi sempre sigillati con del silicone, in tinta con il colore della lattoneria.
Il diametro più utilizzato è in genere il 5 o 6 mm, con lunghezze dai 40 fino agli 80 mm: il tassello per fissaggi leggeri è in nylon, bianco con vite in acciaio zincato, rame con vite in rame o anche bianco con vite in acciaio inox. La posa avviene come di consueto: il colletto del tassello ricopre a dovere il perimetro del foro, entro il quale l’inserimento della vite provoca l’espansione del rivestimento con presa solidale al supporto.
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