Fibre di rinforzo del calcestruzzo

Per il calcestruzzo, un equilibrato dosaggio dei componenti di base calibrato in funzione delle performance che questo deve soddisfare, risulta fondamentale. Tecnologia ed efficacia prestazionale fanno delle fibre di rinforzo una soluzione ottimale sia per elevare caratteristiche e durabilità del calcestruzzo, sia per ripristinarne le eventuali vulnerabilità.
La tecnologia del calcestruzzo ha molto imparato dai lunghi decenni in opera di questo eccezionale materiale, arrivando a conoscerne quasi alla perfezione i (molti) pregi e le (poche) vulnerabilità. Vulnerabilità che comunque, a maggior ragione visti i frequenti impieghi strutturali del cls, hanno imposto l’individuazione di soluzioni sia atte a limitarne il manifestarsi, sia a ripristinarne le eventuali conseguenze. In questo percorso di ricerca grande impatto ha senza dubbio avuto una più accurata formulazione delle miscele e la costante espansione della sempre più numerosa famiglia degli additivi; ma anche, non va dimenticato, l’aggiunta di componenti come le fibre di rinforzo, estremamente efficaci nel migliorarne le caratteristiche, e oggi non a caso utilizzate con successo sia nel preconfezionamento che nella produzione di premiscelati.

LE PROBLEMATICHE

In linea teorica, un calcestruzzo armato tramite un materiale di rinforzo diffuso e distribuito con continuità nella sua massa costituirebbe la soluzione ottimale per tutti gli inconvenienti tipici del conglomerato cementizio dotato della tradizionale armatura in barre di acciaio ad aderenza migliorata. Se già queste ultime rappresentano una soluzione più efficace rispetto alle tradizionali barre lisce, infatti, in rapporto ad aspetti quali la fessurazione, la resistenza all’ossidazione atmosferica e alcune frequenti imprecisioni di posa è senza dubbio ipotizzabile l’individuazione di rimedi ancor più efficaci. Mentre la ricerca di armature in barre alternative all’acciaio ha dato alcuni frutti dal punto di vista delle performance, ma con costi di realizzazione che non sembrano ancora competitivi rispetto alle tecniche tradizionali, parallelamente sono apparse sul mercato fibre di varia natura e differente formato, da aggiungersi all’impasto per realizzare in esso quella “armatura diffusa” (integrativa rispetto al tondino) in grado potenzialmente di conferire all’impasto particolari qualità. Ma come?

LA TECNOLOGIA

Il conglomerato cementizio additivato con fibre può essere definito come un materiale composito, costituito da una matrice a base di acqua, cemento e sabbia e da un’armatura fibrosa diffusa. Quest’ultima è composta da un insieme di fibre di lunghezza generalmente compresa tra i 20 e gli 80 mm, e con un rapporto tra la lunghezza ed il diametro variabile da 50 a 150. Le fibre utilizzate a questo scopo possono essere di varia natura: i materiali più comunemente impiegati sono principalmente l’acciaio, il vetro, il carbonio e altri polimeri di diversa origine e composizione, tutti comunque in grado di conferire al conglomerato una adeguata resistenza a trazione. La loro conformazione, estremamente variabile, può essere dritta, curva o ondulata, con sezione circolare, rettangolare o irregolare, e superficie liscia, uncinata o crespata per migliorarne l’aderenza alla matrice cementizia e favorirne una uniforme distribuzione. La fibra di acciaio, in particolare, è disponibile trafilata, laminata o fresata, secondo sagome diverse che vanno da quella diritta, a quella a gancio, ondulata o a chiodo: l’acciaio è inoltre disponibile in filo normale, inox o zincato. I materiali sintetici, polipropilene o poliestere, possono essere monofilo oppure, nel caso del poliestere, fibrillati ovvero presentarsi a fasci intercollegati che si decompongono nel corso del mescolamento.
L’aggiunta di fibre ai tradizionali impasti consente in linea generale di ottenere notevoli vantaggi, interessanti soprattutto in funzione di particolari condizioni di utilizzo. In primo luogo, queste rappresentano un efficace strumento di contrasto alla fessurazione o, per meglio dire, alla propagazione delle fessure indotta dall’insorgere delle tensioni di trazione, aumentando la duttilità e la tenacità del cls. Le fibre, infatti, modificano sensibilmente il comportamento post-fessurativo del conglomerato: mentre il calcestruzzo senza fibre collassa quasi subito dopo l’apparizione della prima fessura, che rapidamente assume dimensioni rilevanti fino alla completa rottura, nel calcestruzzo fibro-rinforzato la deformazione è molto inferiore a quella che si registra a completa rottura, come tipicamente avviene nei materiali duttili. Un’altra caratteristica interessante del calcestruzzo fibro-rinforzato riguarda l’aumento della tensione che occorre applicare, dopo la prima fessurazione della matrice cementizia, per deformare ulteriormente il sistema fibro-rinforzato: in altre parole, mentre il calcestruzzo ordinario si comporta come un materiale rigido e presenta un comportamento elastico-lineare pressoché fino alla rottura fragile, il calcestruzzo fibrorinforzato, invece, si comporta come un materiale duttile con un comportamento elasto-plastico nella fase post-fessurativa, cioè con capacità di sopportare anche carichi maggiori dopo l’iniziale fessurazione. Un’ultima caratteristica, connessa alla precedente, è rappresentata dalla tenacità del calcestruzzo fibro-rinforzato, intesa come lavoro totale che occorre spendere per portare a completa rottura il materiale. Alla tenacità del calcestruzzo fibro-rinforzato (caratteristica opposta alla fragilità del calcestruzzo ordinario) si deve la capacità di resistere agli urti, qualità particolarmente apprezzata nelle strutture sottoposte a sollecitazioni impulsive e ripetute (giunti autostradali, pavimenti industriali esposti a carichi dinamici, e così via). A fronte di tali vantaggi, va parallelamente osservato come, sotto il profilo della lavorabilità, l’impasto fresco risulti meno gestibile di quello tradizionale per via dell’intreccio delle fibre. Queste ultime vengono infatti aggiunte al conglomerato in fase di confezionamento nell’impastatrice, e tendono a disporsi in modo casuale; con tecniche opportune è peraltro possibile ottenere una distribuzione secondo una direzione preferenziale. Proprio ad evitare una distorsione delle fibre o una loro dannosa agglomerazione è consigliabile ridurre il tempo di miscelazione di queste ultime con il conglomerato fresco ed introdurle nell’impasto già avviato solo per il tempo minimo necessario alla loro distribuzione. Le dimensioni massime degli aggregati devono venir correlate alle caratteristiche proprie dell’armatura fibrosa: sono anche consigliabili aggiunte di additivi superfluidificanti. La posa in opera avviene secondo le usuali tecniche: occorre tuttavia prestare maggiore attenzione nel corso della vibrazione per evitare la segregazione dell’armatura fibrosa.

GLI AMBITI D’IMPIEGO

L’idea di ricorrere a un’armatura di fibre duttili e discontinue per il rinforzo del calcestruzzo non è recente, tant’è che i primi studi in materia risalgono a oltre trent’anni fa; malgrado ciò, l’utilizzo di tale soluzione è rimasto per lungo tempo limitato ad alcuni specifici campi applicativi, come la produzione di tubi per fognature, pavimentazioni industriali e rivestimenti di strade e parcheggi (tanto che finora le normative tecniche nazionali hanno affrontato la tematica dei fibrorinforzati riferendosi pressoché esclusivamente a tali settori). In epoca più recente si è tuttavia assistito a una notevole espansione degli ambiti di impiego dei fibrorinforzati, che sono oggi adoperati con successo in molteplici campi, così sintetizzabili:
- massetti e pavimentazioni industriali, stradali, commerciali: si tratta di una tecnica molto diffusa nel nord Europa, nell’ambito della quale le fibre manifestano grande efficacia nel controllo dei fenomeni di ritiro igrotermico e del comportamento meccanico;
- fabbricazione di calcestruzzi refrattari: in questo ambito, l’aggiunta di fibre metalliche alla matrice cementizie fornisce al conglomerato una maggiore compattezza e tenacità, riducendone al contempo la fragilità in presenza di shock termici; interessante risulta anche la capacità di fungere da armatura di arresto per le cricche determinate da ritiro e sollecitazioni termiche;
- calcestruzzo proiettato: oggi largamente utilizzato per il rivestimento provvisorio e definitivo di gallerie, scarpate, miniere, piscine, strutture a cupola, canali, bacini di ritenuta, pozzi, ponti e cave, consiste essenzialmente in calcestruzzo trasportato da un’apposita tubazione, e spruzzato con l’ausilio di aria ad alta pressione; in questo caso, le fibre conferiscono i già evidenziati benefici in termini di duttilità e di tenacia, assommando ad essi il vantaggio di permettere di operare velocemente e in condizioni di sicurezza;
- tubazioni di cemento, travetti e architravi, parapetti stradali, cabine elettriche, cisterne, pannelli di tamponamento, muri per il contenimento di pendii; preponderanti, in questo caso, sono i benefici correlati alle richieste di natura meccanica connaturate a tali applicazioni, pienamente soddisfatte dall’impiego di fibre con, in più, operazioni di getto notevolmente semplificate.
Accanto a queste, che costituiscono alcune delle principali applicazioni dei cls fibrorinforzati, vale la pena di ricordare alcuni impieghi altamente specialistici di tali miscele, ad esempio per la realizzazione di opere idrauliche, marittime, basamenti per macchine industriali e utensili, interventi di ripristino, produzione di tegoli di copertura prefabbricate; e altri ancora, tuttora oggetto di sperimentazioni, come giunti travecolonna, mensole FRC munite di sola armatura flessionale principale, casserature a perdere per pilastri cerchiati munite di alte percentuali di fibre. Sul fronte del recupero, gli interventi di ripristino strutturale e corticale sono tra quelli in cui una malta o un betoncino fluido additivato di fibre artificiali si vanno applicando con successo da più anni. Le situazioni più comuni sono quelle di ammaloramento di elementi strutturali in calcestruzzo armato all’esterno, con rigonfiamenti dell’armatura metallica per effetto della ruggine e distacchi del copriferro. I prodotti più utilizzati in questo caso sono le malte premiscelate in polvere contenenti fibre artificiali, le quali, previo trattamento contro la corrosione delle barre di acciaio sottostanti, aderiscono perfettamente al supporto, ripristinano lo strato di copriferro, contengono i naturali effetti dovuti al ritiro. Le applicazioni avvengono come per una malta usuale, pur di rispettare le indicazioni di confezionamento del produttore, con parziale armatura dell’elemento per l’ottenimento della sua geometria originaria. Le fibre artificiali arricchiscono oggi anche le malte a rapida asciugatura impiegate per i massetti di sottopavimentazione, laddove ugualmente contrastano gli effetti del ritiro e rendono in molti casi superfluo l’impiego della comune rete elettrosaldata di ripartizione. Veniamo, per concludere, ad alcune valutazioni inerenti un aspetto potenzialmente critico, vale a dire quello dei costi. Da un punto di vista strettamente economico, i calcestruzzi fibrorinforzati sono in genere senza dubbio più costosi rispetto ai calcestruzzi ordinari, in una misura valutabile intorno al 20-30%; a fronte di ciò, tuttavia, va sottolineato che una analisi corretta dei costi di realizzazione di un manufatto deve obbligatoriamente basarsi non solamente sul costo proprio del materiale, ma anche sulla qualità dei risultati ottenibili - dal momento che questi possono garantire la convenienza economica di tale scelta nel lungo periodo -, e i costi di messa in opera dei manufatti. Considerando infatti i minori tempi e costi di realizzazione e di messa in opera, nonché le migliori prestazioni dei manufatti una volta in esercizio (e conseguentemente una forte riduzione degli interventi manutentivi), anche una scelta teoricamente più onerosa come quella rappresentata dai fibrorinforzati può risultare, in ultima analisi, competitiva.
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