Coperture verdi

Una copertura verde è un sistema complesso atto a permettere lo sviluppo e il mantenimento nel tempo di specie vegetali. Nell’articolo, strato dopo strato, le soluzioni tecniche corrette, i sistemi e i materiali per garantire nel tempo il verde sulla copertura.
In Germania a oggi si contano quattordici milioni di metri quadrati di giardini pensili. Una legge impone che il sette per cento dei tetti delle città tedesche sia verde. In Giappone il Comune di Tokyo ha stabilito nel suo piano urbanistico per ogni costruzione che occupa circa 1000 metri quadrati di terreno sia coperta di piante sul 20% della sua superficie. In California il tetto verde del nuovo museo di storia naturale Academy of Sciences, progettato da Renzo Piano si estende per 10.000 metri quadrati. E in Italia cosa succede? L’interesse per il tetto verde è sicuramente aumentato in questi ultimi anni anche grazie a diversi provvedimenti inseriti nei Regolamenti edilizi dei comuni. Incoraggiati senza dubbio dall’entrata in vigore della norma Uni 11235 che ha definito precisi parametri di progetto per l’esecuzione delle coperture a verde. Importante in quest’ottica anche il ruolo dell’Aivep – Associazione italiana verde pensile – che ha in questi anni lavorato alla stesura della norma e ha promosso la cultura tecnica presso i progettisti. Non mancano quindi esempi di comuni virtuosi che hanno favorito la diffusione del verde sui tetti anche se siamo lontani dagli standard tipici dei paesi nord europei dove questa soluzione è molto più diffusa.

La normativa
La UNI 11235 definisce le regole di progettazione, esecuzione, manutenzione e controllo di coperture a verde, con elemento di tenuta realizzato con membrane bituminose, in poliolefine o in polivinilcloruro, in funzione delle particolari situazioni di destinazione d’uso, di contesto climatico e di contesto edilizio. Inoltre, in coerenza con la normativa europea esistente, la norma mette a disposizione informazioni oggettive e strutturate a tutti gli operatori del settore (progettisti, direttori lavori, collaudatori, produttori, applicatori delle opere o manutentori).
Quando si parla di tetto verde occorre per prima cosa distinguere tra due principali tipologie di inverdimento: quello estensivo e quello intensivo, che si diversificano per costi di costruzione, oneri di manutenzione e prestazioni globali. Per verde estensivo si intende un sistema che utilizza specie vegetali in grado di adattarsi e svilupparsi nelle condizioni ambientali in cui sono poste, che richiede spessori di substrato di coltivazione limitati e minimi interventi di manutenzione, mentre per verde intensivo si intende un sistema che richiede maggiori cure rispetto al precedente e l’ ausilio di maggiore manutenzione, in funzione delle associazioni di specie vegetali.” La UNI 11235 stabilisce le specifiche e i criteri di calcolo per la progettazione concernenti la composizione di tutti gli strati o elementi primari (portante, di tenuta, di protezione dall'azione delle radici, drenanti, filtranti ecc.) e di quelli secondari (strato di barriera a vapore, strato termoisolante, strato antierosione, di pendenza ecc.
Vengono indicati i materiali prevalentemente utilizzati per ogni singolo strato o elemento, insieme ai requisiti e al relativo metodo di prova. La norma fornisce anche gli spessori minimi dello strato colturale da utilizzare in base al tipo di vegetazione, e una classificazione delle coperture a verde secondo diversi parametri: la fruibilità della copertura, la pendenza superficiale, la manutenzione del sistema verde, il controllo delle condizioni ambientali interne, la mitigazione ambientale per il territorio.

La progettazione
Una copertura a verde è un sistema complesso atto a permettere lo sviluppo ed il mantenimento nel tempo di specie vegetali. Certamente tutti i nostri lettori avranno visto da vicino una copertura di una autorimessa interrata dove è presente un giardino: si tratta, dal punto di vista funzionale, di un semplice esempio di copertura a verde. Purtroppo la quasi totalità di queste coperture non sono invece progettate dal punto di vista tecnologico come coperture a verde.
Molti dei lettori avranno anche visto che dopo poco tempo le specie vegetali messe a dimora sono deperite. Non potendo, trattandosi di un articolo, fornire tutto l’insieme delle indicazioni, cercheremo, in ogni modo, di spiegare quali sono i corretti principi progettuali e realizzativi atti a permettere un regolare sviluppo della vegetazione, quali siano, inoltre, gli aspetti che possono essere utilizzati al fine di ottenere obiettivi in termini di controllo idrico ed energetico sia relativamente all’edificio in sé, sia all’ambiente circostante. I motivi che possono indirizzare alla progettazione di una copertura a verde sono:
- fruibilità della copertura: realizzazione di uno spazio atto allo svolgimento di attività all’aperto. In questo caso le principali criticità sono legate alla precisa definizione del tipo di attività per una corretta valutazione dell’usura dello strato di vegetazione, dei carichi agenti su di esso e la conseguente intensità della manutenzione;
- fruibilità visiva: realizzazione di un elemento avente valenza puramente architettonica.
• variazione delle prestazioni ambientali interne dell’edificio: realizzazione di una copertura avente come principale fine quello di attivare prestazioni tecnologiche specifiche in funzione di obiettivi di controllo ambientale;
• variazioni delle condizioni di contesto ambientale esterno all’edificio: realizzazione di una copertura con l’obiettivo di assorbire polveri, di costituire un eventuale elemento di assorbimento acustico, di regimazione idrica e di mitigazione della temperatura esterna;
• compensazione ambientale: realizzazione di una copertura con l’obiettivo di restituire integralmente o parzialmente le valenze che il sistema ambientale originario conferiva al contesto.
Il criterio base di una corretta progettazione è quella di avere una visione di sistema: ogni elemento e strato presente deve essere necessariamente connesso agli altri. Questo è molto importante per un giardino pensile, in quanto le specie vegetali devono svilupparsi nel tempo: il sistema è quindi dinamico.

Variazione delle prestazioni ambientali interne dell’edificio.
Una copertura a verde influisce sugli aspetti di controllo dei flussi energetici, idrici e del clima acustico.
Per quanto riguarda il controllo energetico il verde pensile permette di ridurre le temperature superficiali della copertura e di ritardare nel tempo il picco massimo di energia entrante in regime estivo in relazione alla massa dello strato colturale, alla riduzione della temperatura aria-sole, ai processi vegetali che assorbono energia e ne evitano così l’entrata all’interno dell’edificio. È quindi possibile valutare, in condizioni dinamiche, i flussi termici. È importante mettere bene in evidenza che una semplice valutazione della resistenza termica della copertura a verde non ha senso scientifico in quanto essa fornisce il suo contributo in termini più complessi, quali quelli sopra descritti.
In riferimento al flusso idrico lo strato colturale si comporta come un sistema inerziale ed uno smorzatore: in questo modo è possibile ridurre le sezioni del sistema del raccolta delle acque meteoriche in quanto parte dell’acqua che giunge sulla superficie viene trattenuta dallo strato colturale. L’ultimo aspetto, quello del clima acustico, è intuitivo. Aumentando la massa della copertura si ha un aumento del potere fonoisolante, con benefici sul livello sonoro dell’ambiente confinato sottostante. Tali variazioni si ottengono agendo sulle seguenti caratteristiche:
• aumento dello spessore dello strato colturale. Ciò influisce sull’inerzia termica, sull’inerzia idrica e sul potere fonoisolante;
• utilizzo di specie vegetali con ampio sviluppo dell’apparato fogliare durante la stagione estiva. Ciò influisce sulla schermatura della copertura con una riduzione delle temperature superficiali;
• inserimento di strati dedicati di accumulo idrico. Ciò comporta un aumento dell’inerzia idrica;
• utilizzo di specie vegetali con un apparato fogliare in grado di fissare polveri.

Compensazione ambientale.
La realizzazione di uno spazio verde permette di ridurre gli effetti negativi di una nuova edificazione. Viene parzialmente ricreato lo status esistente prima dell’edificazione. Si segnala, nello specifico, che esistono regolamenti edilizi che obbligano a tale compensazione ambientale quando si interviene con una nuova edificazione. Definito quindi l’obiettivo principale della progettazione, si dovrà valutare il contesto climatico. Le specie vegetali risentono in maniera sensibile del contesto climatico. La loro scelta deve quindi tenere conto delle caratteristiche del sito, come per esempio:
• radiazione solare (illuminamento e temperature);
• idrometeore (umidità, precipitazioni);
• atmosfera (composizione atmosferica, vento);
• la cui conoscenza, valutata su un periodo di ritorno di almeno 20 anni, è necessaria per una corretta progettazione. A titolo orientativo, può essere utile fare riferimento agli areali fitoclimatici.
Da considerare che, più ci si discosta dalle condizioni ottimali per la crescita di una specie vegetale, maggiore è la necessità di energia da apportare al sistema, sia in fase costruttiva sia in fase manutentiva. Di conseguenza è importante scegliere specie vegetali già presenti nello specifico territorio. Il contesto climatico influenza in maniera decisiva anche la scelta delle stratificazioni in termini di controllo dei flussi energetici ed idrici in quanto definisce le condizioni al contorno all’interno delle quali deve funzionare l’edificio. Due sono le principali tipologie: le coperture a verde estensivo e le coperture a verde intensivo. La differenza sostanziale è costituita dal livello di manutenzione necessaria. Nel primo caso il livello di manutenzione necessario sarà ridotto a pochi interventi annuali, nel secondo caso il livello potrà giungere a numerosi interventi, anche settimanali, simili a quelli di un giardino in piena terra. Gli elementi e strati presenti sono i seguenti:
• elemento portante;
• elemento di tenuta;
• elemento di protezione dall’azione delle radici (integrato o meno nell’elemento di tenuta);
• elemento di protezione meccanica;
• elemento drenante;
• elemento di accumulo idrico;
• elemento filtrante;
• strato colturale;
• strato di vegetazione.
Come si noterà, non è presente, fra gli elementi principali, quello termoisolante in quanto non necessariamente esso deve essere inserito, in relazione alla destinazione d’uso dell’edificio e alle condizioni climatiche, visto che lo strato colturale e lo strato vegetale possono assolvere tale funzione.
Tratteremo di seguito solo gli elementi e strati più significativi.

Elemento di protezione dall’azione delle radici
Tale elemento, seppur non necessario allo sviluppo delle specie vegetali, permette il normale funzionamento dell’edificio. È infatti noto che lo sviluppo dell’apparato radicale non deve pregiudicare l’integrità degli altri elementi e strati presenti, in particolare dell’elemento di tenuta.Esso deve essere protetto dall’azione delle radici. Nella quasi totalità dei casi tale funzione di contrasto è integrata nell’elemento di tenuta. Due possono essere i casi: l’elemento di tenuta è intrinsecamente inerte rispetto all’azione delle radici oppure nell’elemento di tenuta vengono inseriti, in fase di produzione, appositi additivi che lo rendono non penetrabile dalle radici. Nel primo caso il materiale base è polivinilcloruro oppure poliolefine, nel secondo caso il materiale è bitume-polimero. In tutti i casi è necessario richiedere una certificazione di resistenza all’attacco delle radici.

Elemento di protezione meccanica
L’elemento di protezione meccanica deve essere sempre previsto sia per prevenire danni accidentali durante le fasi di cantiere sia per prevenire punzonamenti, in entrambi i casi, all’elemento di tenuta. È importante mettere in evidenza che non è assolutamente necessario realizzare una protezione in calcestruzzo: un massetto di questo tipo riduce la manutenibilità degli strati ed elementi sottostanti. Un semplice telo geotesssile non tessuto, di peso adeguato, può tranquillamente assolvere alla funzione.

Elemento drenante
L’obiettivo di questo elemento è quella di potere drenare l’acqua in eccesso, evitando battenti idrici che possano interferire con lo strato colturale, lasciandolo a diretto contatto con acqua. La saturazione di quest’ultimo strato non permetterebbe l’ossigenazione delle radici, con un conseguente deperimento della vegetazione. Per permettere un buon drenaggio è quindi necessario imporre un valore minimo di portata di acqua smaltita sia in termini di sezione verticale che orizzontale. Il calcolo si può effettuare solo conoscendo l’andamento delle precipitazioni, il coefficiente di infiltrazione (rapporto fra la quantità di acqua che si infiltra nello strato colturale e quella totale che investe la copertura), il carico verticale applicato all’elemento drenante (in quanto quest’ultimo, se risultasse eccessivamente deformato dal carico, non manterrebbe le proprie capacità drenanti). Le tipologie di prodotto correntemente utilizzate sono geosintetici tridimensionali, aggregati sfusi granulari, elementi preformati.

Elemento di accumulo idrico
Il requisito principale che è richiesto a tale elemento è di accumulare acqua durante le precipitazioni meteoriche o le irrigazioni e cederla successivamente durante i periodi di necessità. La capacità di accumulo idrico, per la specifica soluzione progettata, viene determinata in relazione all’andamento climatico del contesto, alle specie vegetali previste e alla soluzione tecnica. Le tipologie di prodotto correntemente utilizzate sono geosintetici tridimensionali, aggregati sfusi granulari, elementi preformati. È possibile utilizzare tipologie di materiali che possano assolvere sia alla funzione di accumulo idrico che di drenaggio.

Elemento filtrante
Il requisito richiesto all’elemento filtrante è di evitare il passaggio di particelle fini dallo strato colturale verso l’elemento di drenaggio, al fine di mantenere nel tempo la funzionalità di quest’ultimo. Per un buon funzionamento, l’elemento filtrante deve avere una permeabilità almeno 10 volte superiore a quella dello strato colturale. La prestazione che deve essere controllata è la permeabilità all’acqua.Le tipologie correntemente utilizzate per la realizzazione di tale elemento, sono le seguenti:
• aggregato granulare;
• geotessile non tessuto o tessuto.

Strato colturale
Il requisito che deve essere richiesto a tale strato è il controllo della capacità agronomica. La scelta della tipologia e dello spessore dello strato dipendono dalla tipologia di vegetazione, dalle caratteristiche della copertura, dal contesto climatico e dalla strategia di irrigazione (accumulo, accumulo ed irrigazione, irrigazione). Lo strato colturale deve risultare esente da semi, parti di piante, radici o rizomi tali da generare lo sviluppo di vegetazione indesiderata. Le caratteristiche principali che devono essere richieste a tale strato, ai fini della sua corretta funzionalità è il controllo del PH, secondo la norma EN 13037.
Come si può notare non si tratta, nella quasi totalità dei casi, di un semplice terreno agrario o di riporto, ma di uno specifico terreno, detto “ammendato” atto a fare sviluppare la vegetazione in condizioni che, ovviamente, non sono quelle di un terreno naturale. È un terreno che ha una densità, in genere, inferiore a 1000 kg/m3, pari a circa la metà di un terreno naturale. Un’ultima osservazione sugli spessori: in genere, sono sufficienti pochi centimetri, da circa 10 cm a circa 30 cm per potere mettere a dimora da erbacee perenni fino ad arbusti di grande taglia. Ciò comporta un risparmio di costi sia sulla stratificazione stessa, sia anche sulla struttura portante.

Strato di vegetazione

Obiettivo della progettazione dello strato di vegetazione è quello di indicare tipo, collocazione e densità d’impianto delle specie vegetali. Essenziale è che vi sia una assoluta integrazione fra la progettazione dello strato di vegetazione, dello strato colturale e delle strategie di irrigazione. Inoltre, al fine di ottimizzare la scelta del tipo di specie vegetale.
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