Amianto: un problema sempre attuale

La bonifica dell’amianto è un problema di grande attualità, negli anni si sono susseguiti interventi legislativi per regolarne lo smaltimento e la rimozione. Lo Stato contribuisce e incoraggia il giusto controllo e un adeguato intervento, confermando anche per i prossimi anni le agevolazioni per le bonifiche.
L’amianto, un minerale naturale di aspetto fibroso appartenente alla classe chimica dei silicati e alle serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli. E’ possibile ottenere questi minerali tramite estrazione e la sua composizione chimica è variabile: la normativa italiana raggruppa sotto il nominativo amianto 6 diversi composti.
L’amianto, ormai accertato nocivo, in passato ha trovato ampio uso in diversi settori quali l’edilizia, l’industria e i trasporti. L’Italia è stato uno dei principali paesi utilizzatori e la larga diffusione d’impiego è dovuta a proprietà specifiche del materiale: l’amianto è isolante termico ed elettrico, è facilmente lavorabile e mescolabile ad altre sostanze, è resistente al fuoco e agli acidi, ha potere fonoassorbente ed era caratterizzato da un costo contenuto.
Tutto ciò ha portato alla realizzazione di diversi manufatti ed elementi, nei vari campi, che portano ad una presenza di amianto in diverse forme in moltissimi prodotti, con un picco di impiego e attività del materiale tra gli anni ‘60 e gli anni ’90.

Prodotti che contengono amianto
In edilizia l’amianto è stato utilizzato in diverse forme e contesti. E’ stato usato come fonoisolamento in diversi luoghi, come cinema, chiese, ospedali, palestre scuole, ristoranti e uffici. Elementi di copertura in Eternit si trovano sia in edifici civili che industriali, mentre sono tendenzialmente relegati ad autorimesse, officine e centrali elettriche o termiche gli impieghi dovuti alla resistenza al fuoco. In questi luoghi veniva sfruttato sulle travi metalliche o in cemento armato, sui soffitti o sulle tubazioni che trasportano fluidi caldi.
Le forme in cui si presenta all’uso, così come i luoghi, sono molteplici. Lo si usava nei materiali a spruzzo, sotto forma di cemento-amianto con lastre piane o ondulate, tubi, tegole, canne fumarie e serbatoi. Anche negli intonaci e negli stucchi se ne possono trovare tracce, così come nei pannelli per i controsoffitti. Sempre per la sua propensione ad un facile mescolamento con altri materiali, sono stati realizzati anche una serie di pavimenti in cui se ne ha traccia, come in quelli in vinil-amianto, di basso costo e di rapida posa.
In ogni caso, nel campo dell’edilizia, l’uso più massiccio è stato sotto forma di cemento-amianto e i prodotti così composti non tendono naturalmente a liberare fibre nel caso che essi siano integri e non danneggiati. Il cemento-amianto è stato brevettato dall’ingegnere austriaco Ludwing Hatschek che ne acquisisce i diritti di produzione e chiama egli stesso Eternit. Le prime prove di tossicità risalgono agli anni sessanta, ma la produzione è continuata nei decenni successivi.

La tossicità dell’amianto e provvedimenti normativi

La pericolosità dell’amianto deriva dalla sua tendenza a disperdere nell’ambiente fibre che se inalate dall’uomo sono tossiche. Di conseguenza gli utilizzi di amianto che portano a rischi maggiori sono quelli che prevedono amianto friabile, che può essere ridotto in polvere con una semplice azione manuale. Il cemento-amianto rispetto a materiali composti al 100% di amianto, risulta meno pericoloso e il rischio è relativo allo stato manutentivo dei componenti. Quindi, sollecitazioni meccaniche, eoliche, da stress termico e l’acqua piovana possono portare ad una perdita di fibre dell’amianto, rendendolo pericoloso.
Le conseguenze sulla salute possono comportare gravi patologie, che possono manifestarsi anche decine di anni dopo l’esposizione al rischio. Il primo paese al mondo a ricorrere a sistemi cautelari è stato il Regno Unito nel 1930.
La normativa italiana in tema amianto è ancora in evoluzione e si presenta molto vasta e con notevoli cambiamenti nel corso degli ultimi decenni.
Negli anni ottanta, dopo l’accertamento della tossicità del materiale, si è sviluppata attenzione riguardo possibilità e metodologie di intervento per l’individuazione e l’eliminazione del rischio connesso all’uso di materiali contenenti amianto, in relazione ad edifici scolastici ed ospedalieri. Negli anni successivi si sono effettuati interventi in merito alla salute e sicurezza dei lavoratori, anche secondo indicazioni europee, rendendo obbligatoria la valutazione dei rischi, per prevedere adeguate modalità di esposizione, con valori soglia e sistemi protettivi adeguati.
Ma è con la legge n.257 del 1992, in recepimento della direttiva CEE 91/382, che si vieta l’estrazione, la produzione e la commercializzazione di prodotti contenenti amianto. Con questa legge si vogliono regolamentare il trattamento e lo smaltimento, l’esportazione dell’amianto e dei prodotti che lo contengono, così da seguire precise misure per la decontaminazione e la bonifica delle aree interessate. Nel 1994 le Regioni e le Province autonome sono tenute a fare un censimento dell’amianto sul proprio territorio e si stabiliscono le normative e le metodologie tecniche per la rimozione e il trattamento del materiale, del trasporto e del deposito dei rifiuti di amianto. La gestione dei rifiuti è materia del successivo Decreto Ronchi, D. Lgs 22/1997, che individua i rifiuti pericolosi e offre disposizioni per le bonifiche delle aree contaminate, distribuendo competenze provinciali e regionali. Criteri e disposizioni, in relazione a discariche e rifiuti, aggiornati nel 2003 e nel 2005. Alla fine degli anni novanta sono state sviluppate le regole riguardanti le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati e si sono individuati in Italia i siti da bonificare di interesse nazionale, dove l’amianto è presente sia come fonte di contaminazione principale che secondaria. Nei primi anni 2000 si è assicurata una prima copertura finanziaria per effettuare gli interventi di messa in sicurezza dei casi più pericolosi. Il Decreto n.248 del 2004 disciplina le attività di recupero dei prodotti e dei beni di amianto o contenenti amianto, dettando anche la regolamentazione per il riuso dei materiali che derivano dalla trasformazione dell’amianto.

La procedura di bonifica

L’amianto non può essere rimosso in ogni situazione, per cause di diversa natura connesse sia alla struttura in questione che alla tipologia di materiale da rimuovere. Può essere solo in alcuni casi fatta la sostituzione del materiale e in casi particolari si può prevedere la demolizione finale e la bonifica del sito.
In generale, per qualsiasi tipologia di struttura, dopo un accertamento della presenza del materiale è fondamentale redigere un piano di manutenzione e di intervento dove necessario. La dispersione di fibre deve essere prevenuta e la struttura messa in sicurezza. La fase di censimento e valutazione preliminare del rischio è fondamentale perché da essa dipenda la fase di approccio successiva di intervento. Tutte le operazioni di manutenzione e controllo fanno capo ad una figura responsabile definita dal proprietario dell’immobile ed è questo professionista che valuta la necessità e la modalità di bonifica. La procedura di rimozione può essere svolta da un’impresa iscritta all’Albo nazionale dei gestori ambientali, in categoria 10, con dipendenti con formazione specifica. Il piano di lavoro deve essere presentato all’ASL competente con un anticipo di almeno 30 giorni rispetto all’inizio dei lavori. Per questa pratica vige il silenzio assenso alla scadenza dei 30 giorni.
In base all’intervento il discorso sulle autorizzazioni edilizie cambia: solo nel caso in cui si ha una sostituzione totale delle strutture in cemento-amianto è necessaria la comunicazione di inizio lavori.
Le modalità con cui effettuare la bonifica sono 3:
- Incapsulamento, cioè l’applicazione di un prodotto fissativo idoneo, atto a bloccare le fibre
- Confinamento, che prevede l’interposizione di una barriera fisica tra l’amianto e l’ambiente
- Rimozione del materiale, con l’asportazione totale
Nei primi due casi il controllo e la manutenzione periodica sono obbligatori, così da prevenire situazioni in cui il pericolo cambi o aumenti.
La rimozione dell’amianto è un problema da affrontare con cura e professionalità, ma i benefici oltre che legati al miglioramento delle condizioni ambientali di un sito, offrono anche l’occasione di nuove soluzioni innovative: infatti, spesso nelle coperture soggette a bonifiche si prevede alla sostituzione di coperture integrate con energie pulite.
Una volta terminati i lavori il materiale rimosso deve essere portato in un centro di stoccaggio o in discarica e il trasporto può essere svolto da aziende iscritte all’Albo in categoria 5 e entro 90 giorni al proprietario dell’immobile viene consegnata una copia del Fir (Formulario di identificazione rifiuti), che attesta il conferimento presso una discarica autorizzata

Ecobonus per la bonifica dell’amianto

Il credito di imposta è un’agevolazione che può essere paragonata allo sgravio fiscale e pone il contribuente titolare in condizione di essere creditore nei confronti dello Stato.
La legge di stabilità del 2014 aveva previsto agevolazioni fiscali per gli imprenditori che bonificano i capannoni dall’amianto, un fondo da 10 milioni per la demolizione degli immobili abusivi, via libera idrogeologico per il rilascio del permesso di costruire. E’ stato riconosciuto un credito di imposta del 50% per le imprese che effettuano interventi di rimozione dell’amianto. I bonus sono stati confermati e sono stanziati ed è previsto un credito di imposta nella misura del 50% delle spese sostenute per gli interventi di bonifica nel limite di spesa complessivo di 5.667 milioni di euro ciascuno per gli anni 2017, 2018 e 2019. Questo quanto è contenuto nella legge 28/12/2015, n. 221, nello specifico all’articolo 56. Per il 2015 erano stati stanziati 5.536 milioni di euro e per il 2016 6.018 milioni.
L’articolo 56 prosegue dando indicazioni riguardo il limite minimo di importo unitario dell’intervento per beneficiare delle agevolazione, che non può essere inferiore a 20.000 euro.
Il credito d’imposta viene ripartito in 3 quote annuali del medesimo importo e non concorre alla formazione del reddito, ma viene indicato nella dichiarazione dei redditi.
Il credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite l’utilizzo obbligatorio del modello F24 in via telematica, attraverso i servizi messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento.
Il comma 4 dell’articolo 56 affida al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze il compito di emanare un decreto attuativo, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge stessa. Il decreto dovrà individuare le modalità e i termini per la concessione del credito di imposta a seguito di istanza delle imprese da presentare al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dovranno essere redatte le disposizioni necessarie per assicurare il rispetto del limite di spesa complessivo e si dovranno definire i casi di revoca e decadenza del beneficio, così come le modalità per il recupero di quanto indebitamente percepito.
Sarà il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare a determinare l’ammontare dell’agevolazione per ciascun beneficiario, dandone informazione all’Agenzia delle entrate.
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